L’Arcadia in Brenta, Monaco, Thuille, 1760

 PARTE PRIMA
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona in vesta da camera, e FORESTO
 
 FORESTO
 Su via, che s’alza il sole.
 V’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna addormentare.
5Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
 Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sappiate che io
10ho il denar terminato
 che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una bona provigione.
 Che rispondete? Sì, dorme di gusto.
15Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Già.
 FORESTO
                                              M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso,
20tornate a dir.
 FORESTO
                           Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
 Voi avete timor ch’io m’addormenti.
 Pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò; via, parlate. (S’alza e si appoggia bel bello alla poltrona)
 FORESTO
 Ora, signor, sappiate
25che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Ch’io
 non so più cosa far, (S’addormenta Fabrizio) che oggi s’aspetta
 nuova foresteria...
 E buonanotte di vosignoria.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio...
30Signor Fabrizio... (Più forte)
 FABRIZIO
                                    Che! Come!
 FORESTO
                                                            Voi siete
 impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua. (Lo prende per la mano e lo tien forte)
 FABRIZIO
                          Son qua.
 FORESTO
                                             Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
35che vi vuol del denaro.
 FABRIZIO
 Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò
 per supplire all’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
40Fate quel che volete.
 FORESTO
 Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti,
 che mangian tanto fieno,
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì. (S’appoggia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                         La carrozza?
 FABRIZIO
45La carroz... za. (S’addormenta)
 FORESTO
                              Ed io non sono pazzo
 di volervi servir per matarazzo.
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro.
 Vi dico in due parole
 che se non v’è denar l’Arcadia vostra
50è presto terminata
 e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
55fate quel che fanno tanti.
 Impegnate e poi vendete;
 e se robba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
60e si gode all’altrui spalle.
 Ed aspetti il creditor.
 
    Questa regola è diffusa,
 da per tutto già si usa
 ed è segno ch’ha del credito,
65quando un uomo è debitor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei;
 ma se l’anno passato
70son già stato graziato, il dover mio
 vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi vi son quelle ragazze
 che mi piacciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
75Ma cospetto, si spende
 troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fora un foglio ed una penna da lapis)
 
80   Quattrocento bei ducati...
 poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati, poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
85Cento scudi... oh bestiale!
 Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto,
 coi ducati quattrocento.
 Fanno... fanno... Oh che tormento!
90Basta, il conto è bello e fatto,
 perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Giardino.
 
 LAURA e FORESTO sopra sedili erbosi, poi FABRIZIO
 
 A DUE
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
95degli augellin canori!
 Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta, aspetta).
100Amico, una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                      E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Un capo storno!
 FORESTO
 Dell’arsan?
 FABRIZIO
                               Io!
 FORESTO
                                       Lauretta, adesso torno. (S’alza)
 Eccomi, ov’è il denaro?
 FABRIZIO
105Aspettate un momento.
 Passeggiate un tantino ed io mi sento. (Sede nel loco di Foresto)
 Ah ah, te l’ho ficcata.
 Oh questa sì ch’è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
110Pazienza, me l’hai fatta;
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (S’alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
115Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete...
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un asinaccio.
 FABRIZIO
 Il padrone di casa?
 LAURA
                                      Che padrone!
120Questa casa, ch’è qui, non è più vostra.
 Quest’è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore
 e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite?
 LAURA
125Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
130che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
135   Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
140perché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio,
 siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato;
145non dirò più.
 
    L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
150Un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.
 
 SCENA IV
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
155Se commanda seder, si serva pure.
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella. (Contrafacendo Fabrizio)
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi? Pensate.
160Siete l’amico mio più fido e caro;
 ma se manca il denaro
 vi giuro in fede mia
 che tutti se n’andiamo in compagnia. (Parte)
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia.
165Chi? Madama Lindora? (Al servo)
 Dille che venga tosto e non si penta,
 che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
 di conoscermi brama?
170Forse di me invaghita! Allora sì
 che madama e la ragazza
 farei di gelosia diventar pazza.
 
 SCENA V
 
 Madama LINDORA con due braccieri
 
 LINDORA
 Come non v’è nessuno
 che mi venga a incontrar? Dov’è il padrone?
 FABRIZIO
175Vi prego inginocchione
 perdonar se ho tardato.
 LINDORA
 Il padrone di casa è un malcreato.
 FABRIZIO
 Il padrone son io.
 LINDORA
 Oh scusi padron mio,
180detto ho così per gioco,
 gli dimando perdon, se ho detto poco.
 FABRIZIO
 Che serve, un’altra volta
 meglio si porterà.
 LINDORA
 Guardate per pietà
185che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
 L’odor non è cattivo, faccia grazia. (Li dà da odorare)
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia?
 LINDORA
 Maledetto giardino,
190ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, fate presto.
 FABRIZIO
 Vattene, o brutto vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
 LINDORA
 È lei signor Fabrizio?
 FABRIZIO
                                          Sì signora.
 LINDORA
195È questo il suo casino?
 FABRIZIO
 Quest’è il casino ove ogn’anno io villegio.
 LINDORA
 Oibò, che robba! Non si può far di peggio.
 FABRIZIO
 Se mai non le piacesse, ella è padrona
 d’andar quando le pare.
 LINDORA
200No no, non voglio fare
 questo gran torto al mio signor Fabrizio.
 Resterò e vi farò questo servizio.
 FABRIZIO
 Obbligato da vero; ma se mai
 se ne volesse andar.
 LINDORA
                                       Dite, ove sono
205l’arcadi pastorelle?
 FABRIZIO
                                     Io non lo so.
 LINDORA
 Non importa, signor, le cercherò.
 FABRIZIO
 Commanda ch’io la servi?
 LINDORA
                                                  Obbligatissima.
 Voi siete un po’ vecchietto,
 io voglio che mi serva un giovinetto.
 FABRIZIO
210Adunque s’io son vecchio,
 perché viene da me?
 LINDORA
                                         Per tormi spasso.
 FABRIZIO
 Spasso de’ fatti miei?
 LINDORA
                                          No, bel visino,
 no, di voi non mi burlo, anzi vi stimo.
 Vi lodo, vi professo obbligazione
215e vi dico che siete...
 FABRIZIO
                                      Un bel minchione.
 LINDORA
 Non dicevo così.
 FABRIZIO
                                 Ma io lo dico.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, non contradico.
 FABRIZIO
 Ma vada, non conviene
 una donna di spirito come lei
220perdere il tempo suo co’ pari miei.
 LINDORA
 Voi siete un bel spirto,
 voi siete della Brenta il primo onore.
 D’Arcadia il gran pastore
 siete, signor Fabrizio.
 FABRIZIO
225Senza giudizio.
 LINDORA
 Eh, che dite?
 FABRIZIO
                           Conosco il merto mio.
 LINDORA
 Quando lo dite voi, lo dico anch’io.
 FABRIZIO
 Dunque?
 LINDORA
                     Dunque men vado
 a ritrovar le belle
230di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
    Riverente a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri; qua la mano,
 venga presto... Andate piano,
 venga poi... Non mi stroppiate,
235correr troppo voi mi fate.
 Mi vien mal, non posso più.
 
    Via, bel bello, andiamo avanti,
 le son serva, addio, monsù. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi il servo
 
 FABRIZIO
 Oh questa sì ch’è bella.
240Vuol per forza restare e mi strapazza;
 quest’è di quella razza
 di gente che vuol dire e che vuol fare
 e dove mette il piè vuol commandare;
 ma cresce la brigata
245e il denar va mancando; e la carrozza
 sarà venduta ed i cavalli ancora.
 Viene il conte Bellezza? Venga, venga, (Al servo)
 giacché alla casa s’ha da veder il fondo,
 venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA VII
 
 Arriva il conte BELLEZA
 
 FABRIZIO
250Poh! Che gran signorone,
 costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
255l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obligato.
 CONTE
 La fama ha publicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l’eco intorno rimbomba
260il nome alto e sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
265benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah, mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
270prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
275voi cantando, esaltando.
 Veggo più, veggo molto
 in quell’amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
280Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so.
 Per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
285col muto favellar va rispondendo;
 ed io, che tutto intendo,
 il genio suo comprendo.
 Ella vuol favorirmi ed io m’arrendo
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
290Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore.
 Ceremonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il buon cor. Anch’io l’affettazione
295odio nelle persone,
 parlar mi piace natural affatto;
 perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labbra il mio contento.
 FABRIZIO
300Se questo è naturale,
 parla ben, non v’è male.
 CONTE
 La provida natura
 prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
305grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
 accetterò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
310gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L’esuberanza,
 anzi l’esorbitanza
 delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
315Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non sia mai vero
 ch’io manchi al dover mio.
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    Non s’adiri, di grazia, ch’io taccio,
320non vo’ darli più noia né impaccio,
 bramo solo, sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo, credetelo a me.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
325E viva l’allegria. Corpo del diavolo,
 quand’io mi divertisco,
 proprio ringiovenisco. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Madama LINDORA, poi il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Fabrizio,
 dove mai sono?
330Vorrei seder un poco.
 Chi è di là? V’è nessuno?
 CONTE
 Madam, vi son io.
 LINDORA
 Da sedere... Oh perdoni;
 non l’avevo osservato.
 CONTE
335A tempo son arrivato. (Gli dà la sedia)
 S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
 perché degno mi fa di suo commando.
 LINDORA
 (Non vuo’ divertimenti,
340perdo la congiontura
 con questo, original caricatura).
 Ma chi è lei, mio signore?
 CONTE
 Son il conte Bellezza,
 un vostro servitore,
345obligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle baciar la bianca mano.
 LINDORA
 Ahi!
 CONTE
            Cos’è stato?
 LINDORA
350Voi m’avete toccato
 con troppa confidenza.
 CONTE
 Leggerissimamente
 alzo la lattea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
355No no, che se mi tocca
 l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svinemento.
 CONTE
 Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete;
360siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
 (Rider mi fa).
 CONTE
                             Prostrato,
 mia bella, al vostro piede,
 vi domando pietà, grazia, mercede.
 LINDORA
 Via, prendete la mano.
 CONTE
365Cara man...
 LINDORA
                         Piano, piano.
 CONTE
 Ancor non l’ho toccata.
 LINDORA
 L’avete con il fiato un po’ alterata.
 CONTE
 Andrò cauto anche in questo.
 Lasciate...
 LINDORA
                      (Son stanca).
 CONTE
370Riposate la man sovra il mio braccio.
 LINDORA
 Che ruvido pannaccio!
 CONTE
 Vi porrò il fazzoletto.
 LINDORA
 Non mi par troppo netto.
 CONTE
 Dunque che far dovrò?
 LINDORA
375Non saprei.
 CONTE
                         Ah madama, io morirò.
 LINDORA
 Vi vorrei compiacer ma non vorrei
 che la mia compassione...
 CONTE
 Trovata ho una invenzione
 che non vi spiacerà. La bella mano
380alzate da voi stessa
 e mentre ella s’appressa al labbro mio,
 il labbro inchino e me gl’accosto anch’io.
 LINDORA
 Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie al cielo, al fato,
 generosa madama, io son beato,
385eccomi, alzate un poco.
 Ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Non mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate
 per un momento solo...
 
 SCENA X
 
 FABRIZIO, FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
390Ancor io ma di core.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
 per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
 È gentilezza vostra,
395non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato v’abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
 Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
400(Ah, che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei).
 FORESTO
 A voi, principe degno,
 del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia nostra
405questo serto di fiori.
 LINDORA
 Andate, andate via, con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
 non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
410Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito.
 CONTE
 Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
415(Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
 Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggerissima.
 LINDORA
420Questo, questo mi piace, obbligatissima.
 FORESTO
 Commanda? (Al conte)
 CONTE
                            Mi fa grazia. (Prende tabacco)
 FORESTO
 E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Prende anche lui)
 FORESTO
 (Voglio rider di core,
 la stranutiglia vera
425li farà stranutar fino alla sera). (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE, FABRIZIO
 
 Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Forte)
 Ahi! Eccì. Ahi! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
430Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE
 
                        Alto. Eccì. (Stranuta)
 
 LINDORA
 
 Aiutatemi, eccì.
 
 IL CONTE, FABRIZIO
 
    Che tabacco! Eccì, eccì.
435Maledetto, eccì, eccì.
 Che tormento che mi sento!
 Più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
    Via, madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
440Aqua fresca per pietà. (S’alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
 Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
445V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia,
 a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
450   Vada, vada, eccì, eccì.
 Maledetto tabaccaccio!
 
 CONTE
 
 Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Faccia grazia, eccì, eccì.
 
 Fine della prima parte